“Cosa ne pensate dei Russi?”
“Dei Cinesi mancati. Ma ancora per poco. Si faranno invadere dai gialli, e non ci saranno più Russi”.
Louis-Ferdinand Céline, 1960.
Pur con dilazioni temporali e modali, l’Europa (e l’Italia, vedasi progetto di gasdotto Catalogna-Toscana) è ancora compatta nell’obbiettivo di ridimensionare drasticamente la sua dipendenza da Mosca che è la sanzione più dura sia da infliggere nel lungo periodo che da gestire per l’effetto boomerang nel medio-breve periodo. Se avremo finalmente qualche rigassificatore in più per differenziare l’approvvigionamento, avremo realizzato altre diversificazioni o saremo sostituiti come clienti dai cinesi, l’arma di ricatto più forte contro di noi sarà spuntata. A ben vedere anche all’inizio quella del gas è stata un’arma giocattolo: i russi il gas ce lo danno (davano), altrimenti sarebbero stati loro “alla canna del gas”; basti pensare che addirittura continuavano a darlo anche agli ucraini mentre li radevano al suolo. Se davvero avessero chiuso i rubinetti, altro che default, noi avremo avuti enormi disagi (anche se da aprile a ottobre relativamente) ma loro sarebbero letteralmente morti di fame perché sarebbe cessato il lucro più importante della loro fragile economia. Sono quasi due anni che si discute sull’efficacia delle sanzioni a Mosca.
PRIMA FASE
Il vicolo cieco in cui si è ficcato Putin si è palesato nel fallimento della sua “guerra lampo” che se riuscita, avrebbe disinnescato le sanzioni occidentali. Se la stragrande maggioranza degli esperti di geopolitica, geo-economia e di relazioni internazionali NON avevano affatto creduto che Putin avrebbe invaso l’Ucraina, è perché sarebbe stata un’azione irrazionale e controproducente. Una follìa. Pare che gli stessi esperti militari russi non ne avevano affatto intenzione. Cosa è accaduto dunque 21 mesi fa? Perché Putin si è spinto così oltre? Nessuno lo ha capito, nessuno lo sa, forse neanche Putin.
La Russia per contrastare le iniziative ostili dell’Occidente forse contava sull’accumulo di riserve monetarie, ma queste in buona parte si trovavano all’estero. Uno stratega non si fa congelare 300 miliardi di dollari di riserve che detiene all’estero in mano ai nemici, proprio perché le aveva accumulate per evitare il default. Uno stratega che aveva deciso di invadere uno Stato limitrofo, avrebbe dovuto lentamente riprenderle e siccome non lo ha fatto avrebbe dovuto rispondersi: “È meglio se non invado l’Ucraina”.
Intanto si scopre che gli speculatori avevano già scommesso quasi 14 miliardi di dollari sul default del debito russo mentre Putin ammassava le sue truppe ai confini:
“L’attività di trading per il periodo dal 20 settembre al 19 dicembre 2021 è stata 4,5 volte il volume nozionale giornaliero di $ 50 milioni in Credit Default Swap eseguiti sul debito sovrano della Federazione Russa per il periodo equivalente nel 2020 secondo il database DTCC.” <Vedi: $13.7 Billion in Credit Default Swaps on Russia’s Debt Were Executed in 61-Day Span of 2021 as It Amassed Troops Around Ukraine (wallstreetonparade.com) >
Uno stratega capisce che sta per fallire se aumenta del 500% la scommessa sul suo fallimento mentre ammassa truppe e si chiede perché. Poi si risponde: “Non devo invadere l’Ucraina”.
I rialzi artificiosi del prezzo delle materie prime, dovuti fino al marzo 2022 alla ripresa economica mondiale post-pandemica che aveva fatto aumentare la domanda di energia e poi dall’incertezza geopolitica, avrebbero potuto essere stroncati già nell’immediato con un accordo internazionale o per scelta unilaterale di qualche Paese volti ad aumentare l’offerta di gas e petrolio. Su Il Giornale “Embargo al petrolio russo”. L’Ue trova l’accordo per fermare lo Zar – ilGiornale.it si leggeva che:
“Il Consiglio europeo concorda che il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia riguarderà il greggio, nonché i prodotti petroliferi, consegnati dalla Russia negli Stati membri, con un’eccezione temporanea per il greggio consegnato tramite oleodotto… Il sesto pacchetto di sanzioni prevede anche l’esclusione dallo swift di Sberbank, la principale banca del Paese.”
Secondo uno studio dell’Università di Yale riportato invece da Claudio Cerasa su Il Foglio, l’effetto delle sanzioni alla Russia avevano già indirettamente provocato anche il decremento del 45% delle esportazioni in quel Paese di beni del comparto elettrico dalla Cina: Le sanzioni alla Russia che funzionano | Il Foglio “…le esportazioni di smartphone, dalla Cina alla Russia, sono diminuite di due terzi… nella stessa fascia temporale, le esportazioni di apparecchiature per reti di telecomunicazioni, dalla Cina alla Russia, sono diminuite del 98 per cento…dato che buona parte dei chip utilizzati dalla Cina nei propri apparecchi tecnologici viene prodotta o progettata in America anche i paesi teoricamente neutrali di fronte alla scelta se scatenare la rabbia russa o quella americana scelgono di evitare la seconda rabbia.”. MF – Numero 101 pag. 3 del 25/05/2022: “I numeri smentiscono Putin. Gli scambi con la Cina non compensano quelli perduti con l’Europa.”
Ma le “fonti russe” invece che dicevano? Vediamo, senza fare da eco a Soloviev che scomunicava il demonio Zelensky perché avrebbefatto scisma dallo scisma, come fanno certuni che ieri parlavano di nazipass e che oggi mettono ancora la Zeta neosovietica sui profili, quelli che qui da noi “dittatura sanitaria & vaccini sperimentali” mentre tacevano su quelli davvero sperimentali fatti alla velocità della luce in Cina e in Russia grazie alla generosità dello Spallanzani ( I dubbi sull’accordo tra l’Istituto Spallanzani e Mosca sui vaccini anti Covid – Linkiesta.it ), quelli che se avessero provato a fare in Russia un centesimo di quanto fatto in Italia contro lo Stato, sarebbero finiti in dieci minuti come finirono quegli allocchi che dall’Italia scelsero di andare negli Anni ’30 in Unione Sovietica.
A proposito quindi di “fonti russe” grazie a Soloviev diventate ormai un meme simile ad “ammiokuggino”, la versione di Elvira Nabiulina che governa la Banca Centrale in Russia smentiva sin dall’inizio (maggio 2022) l’ottimismo del Cremlino: Russia, la versione di Nabiullina – MilanoFinanza.it dato che l’artificioso aumento del tasso di sconto del 20% ha sorretto il rublo nel cambio ma causando recessione e comunque inflazione nel Paese: “La banca centrale pubblica i nuovi dati sull’inflazione, salita ad aprile del 17,8%” e già tendente verso il 21% con un calo del PIL del 10% nel 2022. Elvira Nabiulina non ha la stessa autonomia di un banchiere centrale occidentale, per cui se un Ciampi si fosse trovato in disaccordo con Berlusconi, il primo poteva essere etichettato come “tecnocrate” che guarda solo agli interessi di una oligarchia apolide e il secondo come il politico che rappresenta legittimamente gli interessi diffusi delle moltitudini, no. Elvira Nabiulina sembrava piuttosto il grillo parlante che cercava di correggere Pinocchio ed oggi dovette tagliare il tasso del denaro per frenare la catastrofe economica interna, esponendo però il rublo ad una probabile imminente estrema debolezza nel mercato dei cambi, soprattutto se si fosse riassestato il prezzo di petrolio e gas. Così è stato.
Comunque se la Russia riusciva dal 4 aprile 2022 in poi ad onorare il pagamento delle cedole evitando il default, è solo perché veniva tenuta a galla dagli USA, preoccupati soprattutto di scongiurare un default che avrebbe impedito la riscossione diretta dei crediti dei cittadini americani non più esigibili in valute pregiate. Come aveva evidenziato Andrea Muratore su Stop Usa al debito russo in dollari: si rischia una guerra finanziaria totale? (insideover.com) :”Il Tesoro americano ha detto che non rinnoverà la licenza in scadenza oggi (25 MAGGIO 2022) concessa alla Russia per pagare in dollari le cedole ai creditori americani, dichiarando la sua intenzione di spingere così di fatto il Paese al default, nonostante sia in possesso delle riserve (congelate all’estero) per onorare il suo debito”.
Era del resto suonato l’ennesimo campanello d’allarme per i moscoviti: Default, Russia sempre più vicina: stop Usa all’ultimo canale per pagare il debito- Corriere.it “Stop all’ultimo canale rimasto a Mosca per ripagare il proprio debito. Tanto che il default russo sembra, ormai, inevitabile. Gli Stati Uniti hanno annunciato che chiuderanno mercoledì 25 maggio l’ultima strada percorribile dalla Russia per ripagare gli investitori internazionali. Mentre il conflitto russo-ucraino procede, il Dipartimento del Tesoro americano in una nota fa sapere che non intende rinnovare la concessione che permetteva alla Russia di continuare a pagare gli investitori attraverso le banche americane. Nel complesso, il governo russo dovrà ripagare circa 20 miliardi di dollari di obbligazioni, per lo più in dollari, e circa 500 milioni di dollari di interessi nel prossimo mese.”
Ed anche Gianluca Zapponini (23/05/2022 – Economia Gli Usa pronti ad affondare il debito russo. Investitori in allerta – Formiche.net ) “Gli Usa pronti ad affondare il debito russo. Investitori in allerta… Sale la tensione tra operatori e investitori, in vista della possibile mancata proroga da parte degli Stati Uniti della licenza che consente all’ex Urss di pagare le cedole legate ai bond sovrani sul mercato americano. Una mossa che rischia di mandare a gambe all’aria il Cremlino entro pochi mesi. Per questo gli obbligazionisti hanno cominciato la fuga…Gli investitori che fino a poche settimane fa ancora credevano nella sostenibilità del debito russo potrebbero presto passare un brutto quarto d’ora. Che a Mosca non tiri una bella aria è noto, come ha raccontato recentemente Formiche.net: per far fronte a una possibile crisi del debito, per non chiamarlo default, il Cremlino ha deciso di vendere ai Paesi esteri parte del proprio oro, che in tutto vale 120 miliardi di dollari. Perché, deve essere stato il ragionamento delle autorità russe, laddove non arrivano petrolio, gas o semplice fiducia nella propria economia, c’è l’oro. Con un certo fondamento: a giorni potrebbe arrivare dagli Stati Uniti quello che ha tutta l’aria di essere un colpo micidiale all’ex Unione Sovietica: la mancata proroga della licenza, prossima ormai alla scadenza naturale, che ha finora consentito a Mosca di onorare i suoi pagamenti sul debito.
In altre parole, la Russia, già costretta a pagare in dollari le cedole legate ai bond sovrani e con le riserve estere (600 miliardi) in biglietti verdi messe sotto chiave da mesi, non potrà più onorare il proprio debito sovrano sul mercato americano. Mossa che rischia di costringere il Cremlino al suo primo default dalla rivoluzione bolscevica del 1917. La licenza, finora concessa a Mosca, permette infatti ai titolari di debito russo negli Stati Uniti di riscuotere cedole e capitale in dollari, anche se le riserve sono bloccate per le sanzioni internazionali dopo l’invasione dell’Ucraina
Ora, gli investitori hanno fiutato l’aria, avviando una progressiva smobilitazione dal mercato russo, mediante il disinvestimento dai bond sovrani. Anche perché l’andamento dei credit-default swap, ovvero i contratti che assicurano gli investitori contro un default, raccontano di un 90% di chance di fallimento entro un anno nel caso in cui gli Stati Uniti decidessero di bloccare i pagamenti relativi ai bond russi agli investitori americani. La decisione finale spetta all’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro, ma il dato è salito nettamente negli ultimi giorni: la mancata proroga e il conseguente default entro un anno era data al 77%.
Cosa ha fatto salire ancora di più questo numero? Janet Yellen, segretario al Tesoro, è stata piuttosto chiara. “È improbabile che ci sia una proroga della licenza che ha consentito alla Russia di continuare a pagare il proprio debito, ma nessuna decisione definitiva è stata ancora presa”. Come a dire, Vladimir Putin allacci le cinture.”
Alla fine un default tecnico c’è stato ma ha comportato per contraccolpo anche un ridimensionamento del biglietto verde come strumento di dominio globale.
La contromossa dello “scacchista” fu quella di esigere (per finta) i rubli al posto di dollari ed euro per l’energia. Da fonti riservate, sulla querelle del pagamento in rubli del gas, pare che Gazprom sia stata invece obbligata dal Cremlino a farsi pagare proprio in euro e dollari e poi obbligata ad accettare i rubli che la Nabiulina doveva stampare per scambiarli con Gazprom e permettere all’oligarchia di tenere per sè proprio quegli euro e dollari ottenuti con la stampa forzata dei rubli.
In realtà avevo già immaginato che se le cedole dei titoli russi non fossero state pagate in dollari o in euro ma in rubli, ciò avrebbe segnato una auto dichiarazione di bancarotta. Il rublo stampato a dismisura solo per pagare debiti e in un’economia colpita duramente dalle sanzioni sarebbe precipitato come il marco della Repubblica di Weimar e se fosse stato preteso per pagare il gas, gli europei avrebbero potuto rigirare ai russi gli stessi rubli svalutati coi quali intendevano pagare le cedole. Carta straccia in cambio di energia. Il rublo forse si sarebbe poi ri-apprezzato contenendo l’inflazione galoppante ma intanto e per un certo tempo, noi avremmo pagato comunque meno per il gas proprio perché saremmo stati “costretti” ad usare i rubli.
A Putin resta il problema della restituzione di moneta pregiata che non ha e quindi nessuno investirà più a Mosca se non (forse e chissà come) la immensa “Cindia” che detterà i prezzi del gas.
FASE ATTUALE
Nelle prime due settimane di gennaio 2023, crollano i ricavi della Russia dalla vendita di gas all’UE: siamo ai minimi dal 1999. Dopo mesi di ricatti che hanno fruttato decine di miliardi, per il Cremlino si preannunciano vacche magre.
Per mesi la vendita di idrocarburi a Paesi amici ha permesso all’economia dell’ex Urss di evitare il collasso. Ma ora il surplus commerciale comincia a dare i primi segni di cedimento, a causa delle minori entrate dalle forniture energetiche e dell’embargo europeo sull’oro nero. La prova? Sta nel deprezzamento della moneta nazionale
Alla fine, il conto doveva arrivare. Mesi e mesi di forniture di petrolio e gas a due terzi del mondo hanno impedito all’economia russa di collassare, o quanto meno di avvitarsi su se stessa, nonostante le sanzioni dell’Occidente e la crisi del settore bancario, tagliato fuori dai circuiti di pagamento occidentali. Ora, l’effetto scudo sembra essere svanito e lo dimostra un fatto: il rublo, la moneta di Stato russa, sta lentamente perdendo quota, deprezzandosi giorno dopo giorno.
Se ne sono accorti già nel dicembre 2022 dalle parti del Wall Street Journal, scorrendo le tabelle e i grafici relativi all’andamento delle monete globali . Ebbene, il rublo “è una delle valute con le prestazioni peggiori al mondo questo mese, poiché la manna di petrolio e gas che ha contribuito a isolare il Paese dalle sanzioni occidentali, adesso sta svanendo”, scrive l’autorevole testata americana.
Al punto che la valuta dell’ex Urss è scesa del 9,4% questa settimana e del 14% questo mese rispetto al dollaro statunitense. “Il declino della valuta a dicembre è il più marcato tra le 49 monitorate”. Che succede? Secondo gli analisti, il deterioramento del surplus commerciale della Russia sta determinando la debolezza del rublo. Un fattore chiave è lo sforzo occidentale di limitare le entrate petrolifere della Russia, entrato in vigore all’inizio del mese.
Questo significa che la Russia comincia davvero a incamerare meno introiti dalla vendita di idrocarburi, il che ovviamente sconquassa la bilancia commerciale. “Stiamo già assistendo a un calo delle spedizioni di petrolio dalla Russia, ma siamo solo all’inizio”, ha dichiarato Elina Ribakova, vice capo economista dell’Institute of International Finance. “Ora vedremo effettivamente come funzionano le sanzioni sull’energia”.
Liam Peach, economista dei mercati emergenti presso Capital Economics, ha chiarito come il rublo rimarrà sotto pressione anche l’anno prossimo, man mano che l’impatto delle sanzioni sull’energia diventerà più forte. E un rublo più debole potrebbe alimentare l’inflazione aumentando il costo delle importazioni per la Russia. Va detto che finora la Russia è stata in grado di attutire il contraccolpo grazie a gas e petrolio. Mosca non solo ha beneficiato dell’aumento dei prezzi degli idrocarburi che ha compensato il crollo delle esportazioni, ma ha anche trovato mercati alternativi come la Cina, dove la Russia ha soppiantato l’Arabia Saudita come primo esportatore, o l’India.
Una vera e propria manna per i conti russi. Il surplus delle partite correnti è più che raddoppiato nei primi nove mesi dell’anno fino a superare i 198,4 miliardi di dollari, circa 120 miliardi di dollari in più rispetto allo stesso periodo del 2021 e più del doppio del precedente record del 2008. Ciò ha permesso a Mosca di immettere liquidità nell’economia e persino di far apprezzare il rublo del 30 per cento su euro e dollaro dopo l’iniziale picchiata. Ma ora, forse, la pacchia è davvero finita.
Molti si chiedevano come facesse il rublo a resistere all’attacco occidentale contro l’economia russa. La risposta che qualcuno dava, sostanzialmente era questa: manovre sul costo del denaro della Banca Centrale russa per tenere su il rublo (politica che ha avuto comunque effetti collaterali negativi per l’economia russa) e surplus commerciale derivante dall’aumento dei prezzi degli idrocarburi, gonfiati o reali che fossero. Le cose stanno cambiando.
Se grazie all’aumento dei prezzi degli idrocarburi l’economia dell’ex Urss era riuscita a contenere l’impatto delle sanzioni, ora il surplus commerciale dovuto al decremento dei prezzi energetici (ma anche al crollo delle importazioni) inizia a cedere e il rublo, fino ad ora solo artificialmente sostenuto, inizia a crollare. Un po’ come quando dopo la falsata e drogata eccitazione da cocaina, arriva il down, il rinculo chimico. Il problema si è riversato sulla bilancia commerciale perché la Russia comincia a incamerare meno introiti dalla vendita di idrocarburi.
Come è stato evidenziato da Matteo Villa su Twitter: “Nelle prime due settimane di gennaio, crollano i ricavi della Russia dalla vendita di gas all’UE: siamo ai minimi dal 1999. Dopo mesi di ricatti che hanno fruttato decine di miliardi, per il Cremlino si preannunciano vacche magre.”
“Stiamo già assistendo a un calo delle spedizioni di petrolio dalla Russia, ma siamo solo all’inizio”, ha dichiarato Elina Ribakova, vice capo economista dello Institute of International Finance.
Per il Wall Street Journal il rublo “…è una delle valute con le prestazioni peggiori al mondo questo mese, poiché la manna di petrolio e gas che ha contribuito a isolare il Paese dalle sanzioni occidentali, adesso sta svanendo“.
Ma le cose sono andate ancora peggio nei mesi successivi:
La Banca centrale russa aveva deciso nella mattinata di martedì 15 agosto di operare un deciso rialzo dei tassi d’interesse, portandoli dall’8,5% al 12%. La manovra era nell’aria: una riunione straordinaria del consiglio d’amministrazione dell’istituto centrale era stato annunciato, dopo che il rublo aveva subito un deciso ribasso lunedì.
A pesare sulla decisione della Banca centrale è stata inoltre la volontà di tentare di arginare l’inflazione, come precisato dai membri del Cda in un comunicato diffuso al termine della riunione.
A fine ottobre 2023 la Banca centrale russa ha alzato i tassi di interesse di 200 punti base, portandoli al 15% dal 13% precedente, a causa di una pressione inflazionistica che supera le aspettative della banca centrale. Lo ha annunciato L’Istituto guidato da Elvira Nabiullina, che sta tentando disperatamente di frenare l’iperinflazione e la caduta del rublo. Insomma la banchiera di Putin si rivela come una versione cirillica della Lagarde.
Da notare che una certa destra davanti ad un banchiere che alza il tasso di sconto per tenere su artificialmente la moneta e sostenere il valore del servizio del debito bancario, in Occidente parlerebbe di strategia della grande usura che strozza il popolo Ci si chiede perché stia tacendo se a farlo è la Banca Centrale moscovita…
CONSIDERAZIONI FINALI
Non ho alcuna nostalgia del Muro di Berlino a differenza di qualcuno.
Se l’Occidente è la landa della ipocrisia moralista e della decadenza di ogni Kultur, la Russia è landa di ossessioni e crisi di varia natura, passata dal capitalismo di Stato sovietico a quello oligarchico ottocentesco vetero-liberale che oggi si caratterizza come conglomerato che attornia il Cremlino.
Questa guerra ha avuto un esito positivo: ha insegnato finalmente all’Europa quanto siano importanti la sovranità energetica e quella militare. La Russia, che ha quasi il triplo degli abitanti dell’Italia, un territorio immenso ma con un terzo del nostro PIL, è davvero un’alternativa all’occidente come pretende Alexandr Dugin, un Oriente solare o è piuttosto soltanto una versione molto più povera e rudimentale di occidente? Se è già stato notato come i russi fraintendano i termini “fascismo” e “nazismo”, sembra che abbiano frainteso anche Osvald Spengler.
La retorica di Alexander Dugin sullo scontro spengleriano tra due mondi cozza davanti alla realtà.
Intanto Dugin dovrebbe spiegarci in che senso si possono accostare due termini come “Kultur” e “Denazificazione” o anche come si possa accostare Osvald Spengler all’antifascismo. Ammesso e non concesso che vi riesca, poi ci sono i fatti che pesano più delle parole. Ecco i rampolli di quella Elite che dovrebbero rappresentare l’avanguardia della Kultur imperiale moscovita contro l’Occidente anticristico e individualista della decadente Zivilisation:
– La figlia di Stalin – ha vissuto (ed è morta) negli USA per decenni.
– Figlio di Khrushchev – cittadino americano.
– Dove sono le figlie di Putin? In Russia non sono visibili.
– Agente Pehtin. Con mio figlio negli USA.
– Ministro dei trasporti della regione di Mosca – Katsyva. Con mio figlio negli USA.
– I figli del vice Zhelesnyak – vivono in Svizzera.
– I figli di Astakhov. Uno in Francia, l’altro in Inghilterra.
– Figli e nipoti del “patriota principale della Russia” capo della Federazione Russa Vladimir Yakunin vivono fuori dal paese – in Inghilterra e Svizzera.
– La figlia del ministro degli Esteri Sergei Lavrov Ekaterina vive e studia negli USA.
– Figlio – Vicepresidente della Duma di Stato A. Zhukova ha vissuto e studiato a Londra per molto tempo.
– Figlia del vicepresidente dello Stato. la duma di Sergei Andenko studia e vive in Germania.
– Il figlio maggiore del Vice Primo Ministro Dmitry Kozak – Alexey vive all’estero e fa impresa edile.
— Il fratello minore di Alexey Kozak, Alessandro, lavora per Credit Suisse
– Il figlio maggiore del deputato Remezkov, Stepan, si è da poco laureato al Valley Forge Military College in Pennsylvania (anno di istruzione costa 1 milione 295 761 rubli. ). Sua figlia minore vive a Vienna, dove pratica ginnastica. Masha Remezkova ha rappresentato la nazionale austriaca(!!! ) alle competizioni per bambini a Lubiana.
– Figlia del vice V. Fetisova – Anastasia, cresciuta e studia negli USA. Nastya non ha mai imparato a scrivere e leggere in russo.
– Figlia di Svetlana Nesterova, Deputato di Stato. duma dalla fazione “Russia Unita” – vive in Inghilterra.
– Il principale combattente per i “valori tradizionali ortodossi” E. Il figlio di Nikolai di Misulina ha studiato a Oxford, ha ricevuto un diploma e si è trasferito a vivere permanentemente nel Belgio tollerante, dove i matrimoni dello stesso sesso sono consentiti.
– Figlia del vice Vorontsov Anna vive in Italia. Lì si è trasferita dalla Germania.
– La russa Elena Rakhova, famosa per essere residente a Leningrado, che ha vissuto meno di 120 giorni di blocco, ha definito “infedele” sua figlia che vive negli USA.
– La figlia dell’ex portavoce della GD, uno dei fondatori del partito “Russia Unita”, e ora membro dell’Unione Sovietica Boris Gryzlov Eugenia vive a Tallinn. E anche di recente ho ottenuto la cittadinanza estone.
– Il figlio dell’ex ministro dell’istruzione Andrei Fursenko vive in modo permanente negli USA.
– Figlio di V. Nikolova (nipote di Molotov), presidente della Fondazione “Politika” – cittadino statunitense.
In pratica i giovani russi non sono quelli che organizzano adunate comunitarie nei boschi, tra fuochi e racconti di leggende ancestrali, ma quelli che spiano dalle fessure del cancello il fighissimo pigiama party dei loro coetanei occidentali, sperando di essere invitati.
Il problema dell’Occidente è che gli ultra quarantenni russi invece hanno una mentalità diversa, preferendo la grandezza imperiale e il prestigio di una grande potenza militare alla prosperità economica e ai diritti individuali.
In questo senso è certamente possibile scorgere in Russia “tracce di fascismo” tra gli ultra quarantenni, anche se i russi non lo sanno, dato che per loro “il fascista” è l’occidentale che vuole ateismo, immigrati e omosessuali. Ossia il liberale-liberista-libertario.
Il fascismo però (quello vero non quello travisato dai russi) non può esistere senza i giovani ed i giovani russi, malgrado la propaganda putiniana, sono i primi ad essere stati già “denazificati”(rectius occidentalizzati).
Veniamo a noi.
Il tic dell’europeo russofobo e americanizzato che ha interiorizzato la sua sudditanza coloniale, fa il paio con la deriva da triste satrapia asiatica che il russo aveva già vissuto col comunismo. Qualcuno tifa Putin perché “lotta contro l’ebreo Zelensky” ma non si accorge che Israele non dà armi agli ucraini, non si associa alle sanzioni contro la Russia ed è alleato con essa contro le aperture energetiche all’Iran per sostituirla. Tra l’altro Zelensky si è pure beccato un veglione dal ministro israeliano che lo accusava di “oltraggioso negazionismo” per aver osato fare dei paragoni.
Diventare ascari delle due potenze extracomunitarie, con stile yankee o cirillico è il riflesso di questo sequel di Jalta fuori tempo massimo.
Curiosi e penosi quei libertari nostrani che ieri si strappavano le vesti per dei DPCM che ti davano 400 euro di contravvenzione ed ora plaudono ad un esotico autocrate che sbatte in galera con pene elevate chi pacificamente manifestava il suo dissenso sulle misure anti-covid o ha osato anche solo pronunciare la parola “guerra”.
Se erano oscene ed illegittime in punto di diritto internazionale le “guerre preventive” della NATO chiamate “peace-enforcing” che hanno causato centinaia di migliaia di lutti, ebbene oggi lo è anche questa “operazione speciale” di Putin che ha già visto cadere centinaia di migliaia di esseri umani.
Come si può tifare per il carrarmato con la bandiera rossa che vuole riprendersi una presunta provincia sovietica?
Vi è un dato romantico ed esistenziale che prescinde da ogni considerazione di altra natura. Chi ancora non si è arreso alla più che soverchiante potenza dell’invasore, scegliendo di restare “in piedi tra le rovine” e di combattere per la sua patria, anche se la tenaglia di fuoco alla fine prevarrà, ha già vinto la battaglia più importante della vita individuale e collettiva di ogni tempo e di ogni luogo.
A più di 20 mesi dall’attacco armato contro Kiev, la Russia sta cercando di arruolare con ogni mezzo il maggior numero di persone possibile senza annunciare una nuova mobilitazione, anche offrendo estinzione di debiti personali a chi va a combattere: il caso di una mamma single indebitata con un banca
A più di 20 mesi dall’attacco armato contro l’Ucraina, la Russia sta cercando di arruolare con ogni mezzo il maggior numero di persone possibile senza annunciare una nuova mobilitazione, che sarebbe sicuramente impopolare.
E’ così che una madre russa single di Krasnoyarsk avrebbe ricevuto dalle autorità l’invito ad arruolarsi nell’esercito di Mosca per ripagare i suoi debiti con la banca. A raccontarlo è il sito locale di News Ngs24.ru, rilanciato da Meduza, mentre è in corso la guerra in Ucraina.
La donna, madre di de figli di 9 e 13 anni, aveva chiesto un prestito di 800mila rubli (circa 8400 euro) a Sberbank per rinnovare la casa, ma dopo il divorzio non ha più potuto pagare le rate. Nei giorni scorsi ha trovato nella sua auto una convocazione dell’ufficiale giudiziario, accompagnato da un documento in cui veniva invitata a contattare l’ufficio militare per arruolarsi e ripagare così il suo debito. La donna, che non ha mai fatto il servizio militare, ha escluso di potersi arruolare, dovendo badare ai due figli. L’Ufficio dell’ufficiale giudiziario ha affermato che “tali accomandazioni non sono personalizzate, si tratta di informative per i debitori, perché la restituzione dei debiti è sospesa se il debitore partecipa ad azioni di combattimento nelle forze armate russe”.
Sul numero 4 di Scenari veniva analizzato l’effetto delle sanzioni nella guerra economica contro la Russia. L’economista Branko Milanovic prevede un ritorno del periodo eltziniano riguardo al probabile sviluppo di filiere criminali volte ad aggirare le mancate importazioni, mentre la politologa Mara Morini sostiene che per il 2024 l’economia russa potrebbe più facilmente assecondare la dedollarizzazione della sua economia che una progressiva emancipazione della UE dalle sue risorse energetiche. Il Cremlino potrebbe sostituire l’Europa come grande acquirente forse solo tra un decennio dovendo costruire nuove pipelines e sempre se India e Cina non ne approfittino per ottenere prezzi stracciati. Alla dedollarizzazione dell’economia russa seguirebbe il potenziamento geoeconomico dell’area Cindia. Altri analisti come Vittorio Da Rolo, Daniel W. Drezner, Francesco Brunelli e Matteo Rizzolli, evidenziano come le sanzioni siano assolutamente inefficaci come forza di deterrenza immediata contro il nemico, dato che politicamente nel breve periodo si rafforza il suo fronte interno stimolando l’autarchia e facendo aumentare la sua aggressività militare e che spesso denotano debolezza in chi le promuove oltre che effetti boomerang data l’interconnessione dell’economia globalizzata. In buona sostanza, se più o meno all’unanimità si nega che storicamente i pacchetti di sanzioni economiche abbiano mai provocato repentine sterzate politiche stile golpe interni o la fine di un attacco militare, si ammette pacificamente che l’impatto economico generale per il Paese colpito e soprattutto per la sua popolazione può essere estremamente duro. Pertanto se l’obbiettivo delle sanzioni è quello di far cessare in brevissimo tempo la guerra, sono misure fallimentari anche se diminuiscono in prospettiva la potenza militare avversaria, ma se è quello di indebolire e dissanguare lentamente nel medio-lungo termine la solidità interna di un Paese, esse sono quanto di più perfido e temibile ci possa essere.
Anche perché, soprattutto in questo caso, il Paese colpito è già di suo fragile. I russi erano già poveri (PIL della Spagna con il quadruplo della popolazione!!!) spesso esaltati da ansie da prestazione nucleare indotte dal potere per distrarli dalla loro condizione penosa e qualche volta degli aspiranti occidentali perché sognano di diventare come noi. Nicolai Lilin, un russo che ha combattuto in Cecenia e che di certo non fa la “velina occidentale” ha scritto un libro sulla storia di Putin evidenziando quanto abbia contato, per un bullo da strada di Leningrado il mostrare i muscoli contro i terroristi ceceni, tanto da far dimenticare ai russi le situazioni di illegalità del suo entourage. Lilin racconta dei telegiornali russi che annunciano il nuovo super-mega-missile che non hanno neanche gli alieni e che contestualmente, chiedono aiuti per portare quel bambino qualunque a farsi curare in Europa, perché in Russia non possono curarlo.
Col missile possono vincere la guerra dei mondi, ma per curarsi devono andare in Germania, proprio dove issarono tanti anni fa la bandiera rossa.
Se gli europei dell’Est guardano a noi e non a Mosca, i russi dovrebbero scendere dalla loro tracotanza di sentirsi una grande potenza con la nota sindrome di accerchiamento. Se dovessimo o potessimo ancora auspicare un rientro difficilissimo della crisi con Mosca, mai più potrà essere quella putiniana-duginiana che ci considera una propaggine dell’impero panslavista mentre cerca di scimmiottare i nostri modelli dato che tutti i rampolli della elite vengono a studiare e vivere in Occidente. Il punto è che non solo la Russia non è un modello di nulla ma è persino simile al peggior occidente su prostituzione, suicidi, aborti, divorzi, alcolismo.
Un paese per nulla nemico degli oligarchi suoi ma in cui un’oligarchia mafiosa governa, in cui guadagnano solo con le materie prime per fare armi mentre avrebbero bisogno di ben altri investimenti, in cui la sedicente chiesa è diretta da un miliardario ex agente dei servizi segreti che scodinzola al potere. Un Paese con una sanità quasi da terzo mondo, che difende il WTO e che sta pienamente nel NWO solo con la sfumatura variante BRICS, con agenti della Trilaterale e del CFR, alleato della NATO in Libia e Siria (Ufficio NATO a Mosca chiuso solo due anni fa) perché con turchi e Stati Uniti si spartiscono il bottino e che assieme agli USA stanno danneggiando in modo complice l’Europa. Mai Usa e Russia si sono fatti la guerra e se nel mondo bipolare di Yalta c’era la massoneria onusiana oggi c’è ancora, perché in Russia hanno solo fatto un passaggio trasformista nel 1991.
Un Paese che non ha ancora metabolizzato la sconfitta della guerra fredda riproponendo la retorica staliniana della vittoria sui tedeschi nel 2022. Vittoria che tra l’altro mai avrebbero ottenuto senza gli aiuti proprio di inglesi e americani. Non cadiamo nella propaganda sottile che gli agenti russi instillano in Italia da parecchi anni in cui è caduta gran parte della blogosfera. Finlandesi, baltici, ungheresi, cecoslovacchi, afghani, ceneni e ucraini hanno subito da 70 anni il tallone cirillico come altri popoli quello americano, ma OGGI sono i russi ad aver calato chiaramente le carte della nostalgia dell’impero sovietico che ha rappresentato la massima estensione della loro potenza.
Un Paese che è odiato da tutti i popoli che sono stati sotto il suo tallone già dai tempi dello zar. Oggi per liberarsi di loro gli ucraini usano la NATO, ieri usarono i tedeschi e l’altro ieri Napoleone.
Come disse Céline, i russi diventeranno una colonia della Cina e la profezia sembra essersi avverata con la fine della fase europeista voluta dal fu ministro Ivanov. Vladimir Putin cadeva nella trappola di Biden (che così ha ricompattato la NATO data per morente dopo il ritiro afghano e la stessa UE nella NATO) appena ha scelto la protervia panslavista che lo degrada da statista e player di un’alleanza con l’Unione Europea scavalcando l’Ucraina (assieme a tedeschi e francesi avrebbe così messo fuori gioco la NATO) ad autocrate isolato ed impresentabile, aspirante vassallo dei cinesi proprio al tramonto della sua parabola di ricercato internazionale.