Nel 2021 la ripresa del tasso di occupazione della popolazione di 20-64 anni (62,7%, +0,8 punti rispetto al 2020) non porta l’Italia a recuperare pienamente il livello pre-pandemia (ancora -0,8 punti percentuali sul 2019).
Il miglioramento non è uniforme nel territorio e appare più contenuto proprio in quelle province che hanno registrato perdite ingenti partendo da tassi di occupazione più elevati.
La maggioranza delle province del Nord, più colpite nella prima ondata pandemica, nel 2021 restano ancora su livelli inferiori al 2019.
In province come Padova, Belluno e Bolzano le perdite superano i 3,5 punti; lo stesso avviene, per il Centro, a Massa-Carrara (-4,5 p.p.) e Fermo (-3,9). Invece nel Mezzogiorno le dinamiche territoriali sono più articolate.
La maggior parte delle province ha recuperato o superato il livello di occupazione pre-pandemia, con segnali molto positivi a Frosinone (+7,6 p.p.), Enna (+4,9), Lecce e Nuoro (+3,5 p.p.). All’opposto, importanti eccezioni si osservano a Sassari (ancora 4,3 punti in meno), Campobasso (-3,9 p. p.), Brindisi e Siracusa (oltre 2 punti in meno).
La diminuzione dei livelli più elevati delle province del Centro-nord e la (contenuta) crescita dei livelli più bassi al Mezzogiorno producono un avvicinamento complessivo dei territori.
Il distacco tra la provincia italiana con più alto tasso di occupazione e quella con il più basso è di 35 punti percentuali (da 40,5 punti nel 2019).
Nel 2021 le prime quattro province italiane con i valori più elevati del tasso di occupazione sono Bolzano (75,8%), che conferma la posizione dell’anno precedente, Bologna (74,8%), Cuneo (74,7%), Trieste (74,5%), Ravenna (74,4%).
All’opposto, tutte le province della Calabria, e quasi tutte quelle di Sicilia, Puglia e Campania (ad eccezione di Ragusa, Bari e Avellino) si collocano nella coda della graduatoria nazionale (ultimo quintile). Le più penalizzate sono Caltanissetta (40,8%), Napoli (41,0%), Crotone (41,2%) e Catania (42,5%).
Complessivamente il Mezzogiorno, e in particolare il Sud, presenta un’ampia variabilità interna e una distanza molto netta con il Nord: il valore più alto del tasso di occupazione raggiunto al Sud (64,7% a Teramo) è inferiore al valore più basso raggiunto nel Nord-est (66,8% a Rovigo).