Se mai è esistita una civiltà di schiavi, questa è la civiltà moderna. Nessuna cultura tradizionale ha mai visto masse così grandi condannate a un lavoro cieco, automatico, senz’anima: una schiavitù che non ha nemmeno come controparte l’alta statura e la realtà tangibile di figure di signori e dominatori, ma che viene imposta in modo innocuo attraverso la tirannia del fattore economico e le strutture di una società più o meno collettivizzata.
Julius Evola – Rivolta contro il mondo modernoIl Barone che riceveva i suoi adepti di spalle su una sedie a rotelle, col suo monocolo e la sua aura da medium di un paganesimo rarefatto negli ultimi sussulti della sua “romanitas”. Il dadaista poi filosofo poi esoterico e poi tradizionalista, il Cattivo maestro per antonomasia che venne accusato di tutto. Julius Evola.
Un personaggio distante anni luce da lui ebbe a scrivere:
“Le cose non si cambiano solo con le piazze, si inizia anche dagli individui, ad esempio leggendo libri. Però si deve essere liberi intellettualmente. Invece, ancora oggi, quando ho detto che considero Julius Evola un artista degno di interesse, ho suscitato scandalo in certa stampa di sinistra, in modo prevenuto e superficiale.” (Lucio Dalla)
Del resto Evola ha avuto un ruolo evocativo di stati d’animo incompatibili con la contemporaneità liberal-progressista, mercatista e umanitaria, quella dei “diritti egualitari” ma anche con il meschino e gretto particolarismo nazionalistico e borghese, quello delle piccole ed egoistiche botteghe mentali:
Possiamo pensare un concetto di Impero, visibile oltre che invisibile, avente una unità materiale oltre a quella spirituale. Si realizza un simile Impero, quando presso all’universalità come conoscenza si abbia anche l’«universalità come azione». Qui, per riferimenti storici, potremmo indicare la Cina antica, Roma, in parte, di nuovo il medioevo nel movimento delle Crociate da un lato, nell’Islamismo dall’altro. (da Vita italiana: rassegna mensile di politica, Roma 1931, p. 336)
Come ha notato Gennaro Malgieri su Destra.it | La rivista online della destra italiana e non solo :
“L’opera evoliana, lungi dal risultare imbalsamata e conservata negli anfratti di una intellettualità minoritaria frequentata da “devoti” acritici, risulta soprattutto oggi, nella sua complessità, non soltanto un formidabile atto d’accusa straordinariamente efficace ed appropriato contro l’ideologia del declino nelle diverse forme che ha assunto, ma si rivela per ciò che in tanti riuscirono a scorgervi immergendovisi fino ad uscirne trasformati, come per esempio accadde al grande poeta tedesco Gottfried Benn dopo aver letto Rivolta contro il mondo moderno. E se erano gli stilemi di una certa “rivoluzione conservatrice” che Benn riconosceva nel libro del pensatore italiano che avrebbe conquistato con esso una non effimera notorietà negli ambienti culturali europei, va pure detto che la compiuta analisi evoliana della Tradizione apriva squarci su un orizzonte culturale che al volgere della crisi continentale, non ancora affrancata dalla prima grande guerra civile europea, si apprestava a dissolversi nella seconda come “profeticamente” aveva previsto un diagnostico di grande fascino rappresentando il “tramonto dell’Occidente” non diversamente da come anni dopo Evola stesso avrebbe fatto trascinando la “profezia” spengleriana oltre le contingenze che l’avevano ispirata per fondare nell’eclissi di una religiosità, sia pur non fideisticamente considerata, la “crisi del mondo moderno” della quale René Guènon aveva già dato una rappresentazione convincente al punto che ancora regge a fronte delle convulsioni che ci posseggono e dalle quali abbiamo l’impressione di non riuscirci a sottrarre.”
Nell’occasione del 50° Anniversario della sua morte, avvenuta l’undici giugno del 1974, è in atto un vasto ventaglio di iniziative culturali ed editoriali per mettere in rilievo l’importanza oggettiva che Juius Evola ha avuto nel panorama culturale italiano del Novecento.
Il professor Giuseppe Scalici ce ne illustra la figura:
Pietro Ferrari