In occasione delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo occorre porsi quelle domande “inattuali” perché sostanziali, quelle domande scomode ma necessarie: quale fondamento ha l’idea di Europa? L’Europa ha un destino suo o esso è legato in modo indissolubile all’Occidente americanizzato? Quali sono le sfide del futuro?
Come è stato evidenziato dal Centro Studi Polaris:
È la prima volta che la UE va ad eleggere dei politici che dovrebbero dare un senso alle misure intraprese con la crisi Covid, con il problema delle supply chains e con la risposta all’aggressione militare all’Ucraìna. Fattori d’emergenza che s’inseriscono nelle relazioni globali, nel rapporto Usa-Cina, nell’attrazione strategica mondiale verso l’IndoPacifico, nella rivoluzione energetica in programma, nella mutazione quindi della geopolitica in geologia politica, nelle grandi innovazioni tecnologiche che investono tutti i campi umani.
L’Unione Europea, nel suo insieme, è giunta alla conclusione che non ci si debba lasciar schiacciare in alcun dualismo internazionale, stile guerra fredda, ma che sia indispensabile agire da terza forza. Per fare questo appare necessario a tutte le centrali politico-economiche del continente e, di converso, alla gran parte dei politici di ogni colore, che il rapporto con gli USA va modificato, essendo ormai chiaro che le differenze di interessi iniziano ad essere molteplici e che ci si debba quindi fornire di autonomia militare e nucleare.
Sul come modificarlo questo rapporto, con quanta dose di assertività palese o di diplomazia in punta di piedi, esistono ben tre posizioni diverse. Posizioni diverse sul come, non sul cosa.
Posizioni che non sono di destra, di centro o di sinistra, perché sono davvero trasversali.
Una chiacchierata con Gabriele Adinolfi sul mito e il futuro dell’Europa:
Pietro Ferrari