“Sergio Ramelli ha una ragazza, si chiama Flavia. Si vogliono bene. Si amano, come ci si ama a vent’anni, completamente. Non vanno a scuola insieme. Flavia, figlia di un preside, ha dovuto cambiare istituto perché ha avuto non pochi problemi con i ragazzi di sinistra. Ma questo, per Sergio e Flavia, non è un problema.
Porta i capelli lunghi Sergio. Non solo perché in quegli anni va di moda così. A lui quella chioma scura, che gli arriva praticamente alle spalle, piace proprio. Cosa importa se ogni tanto lo scambiano per uno di sinistra?
I suoi amici, quelli che lo conoscono veramente, sanno benissimo lui come la pensa. È iscritto al Fronte della Gioventù (l’organizzazione giovanile del MSI). È di destra Sergio Ramelli. Ma quando un gruppo di esponenti di Avanguardia Operaia lo massacra a colpi di chiave inglese, “regalandogli” un’agonia di 47 giorni, prima di vederlo morire in un letto d’ospedale, Sergio non è nient’altro che un “fascista” da eliminare. Anche se non si sa in che modo, a nemmeno vent’anni, si possa rappresentare un nemico che va annientato. Senza pietà.
Ma ciò che porterà alla morte di Sergio Ramelli è un lungo periodo di persecuzione, minacce, soprusi. E tutto per un compito in classe.
Comincia tutto all’inizio del 1975. È gennaio. Il professore di lettere della V J, Giorgio Melitton, è un simpatizzante della sinistra extraparlamentare. Nulla di sorprendente. Anzi, si potrebbe dire che in quegli anni (e non solo), essere docente e “compagno”, è la regola.
Melitton, però, non è un esaltato come molti dei suoi colleghi e, probabilmente, quando assegna quel tema in cui chiede ai suoi alunni di parlare di attualità, non vuole fomentare l’odio fra i ragazzi. Forse, ha solo la curiosità di sapere come la pensano. Non può immaginare che, in pratica, sta firmando la condanna a morte di un ragazzino di 19 anni. Sergio, ovviamente, sceglie quella traccia. Vuole parlare delle Brigate Rosse. Racconta di come il duplice omicidio di un anno prima dei missini di Padova, Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, sia stato l’inizio della spirale di odio e terrore in cui i terroristi di sinistra stanno trascinando l’Italia. È la prima volta in cui le BR uccidono. E uccidono due militanti di destra.
Il professor Melitton, non correggerà mai quel tema. Al termine del compito, infatti, uno dei compagni di classe di Ramelli viene incaricato di raccogliere tutti gli elaborati della V J. Quando è nel corridoio, però, un gruppetto di rappresentanti di Avanguardia Operaia, il collettivo più “forte” del Molinari, strappa di mano al ragazzo tutti i temi. I “compagni”, i “rossi”, dentro l’Istituto si possono permettere di fare tutto quello che vogliono. Si mettono a leggere e controllare tutti i compiti. Spulciano ogni frase. Un paio di ore più tardi, i due fogli protocollo scritti da Sergio Ramelli vengono esposti nella bacheca all’entrata della scuola. Tutte le frasi, o quasi, sono sottolineate. E, sopra, una scritta rossa impressa a caratteri di fuoco: “ecco il tema di un fascista”.
Da questo momento in poi Sergio diventa un bersaglio con il quale giocare al tiro a segno. E, grazie ad un gruppo di docenti disinteressati e omertosi, la persecuzione non è poi così difficile. Gli insegnati assistono passivamente ad una serie di episodi raccapriccianti. Durante una lezione, per esempio, Sergio Ramelli viene prelevato di forza dal suo banco, portato nel corridoio. Sputi, insulti. Gli urlano in faccia “sei un fascista! Vergognati!”. Nessuno interviene. Nessuno interrompe. “Ramelli, con te abbiamo appena iniziato”. È un avvertimento. E, infatti, a quell’episodio ne seguono molti altri. Una mattina di gennaio, lo aspettano sotto casa. Il gruppo è composto da ragazzi che sono tutti più grandi di lui. Sergio, molti di loro neppure li conosce. Non vanno al Molinari, ma lo obbligano comunque a rimuovere dai muri dell’Istituto scritte fasciste. Lo “sbiancamento”, lo chiamano. In realtà è solo l’ennesima umiliazione. Ottanta “compagni” contro un ragazzino di neppure vent’anni.
Le minacce cominciano a non limitarsi solamente alle ore in cui Sergio sta a lezione. Poco prima dell’aggressione, cominciano le telefonate anonime a casa. Dall’altra parte della cornetta nessuno parla, si sente soltanto l’inequivocabile motivetto di Bandiera Rossa. Poi compaiono le scritte sotto casa: “Ramelli, fascista, sei il primo della lista”. Tutti leggono. Ma nessuno pensa di dover proteggere quel ragazzo letteralmente perseguitato dagli autonomi che dettano legge nella sua scuola.
Il 13 marzo del 1975 cade di giovedì. Quella mattina Sergio va a scuola come tutti i giorni. Segue le lezioni. Aspetta come al solito il suono della campanella. È l’ora di pranzo quando riprende il suo vecchio motorino. Questo non basterà a salvargli la vita. Sì, perché qualche giorno prima, Roberto Grassi, uno dei capibastone di Avanguardia Operaia ha deciso che Ramelli deve essere l’obiettivo della loro prima aggressione. E dietro l’agguato, c’è un disegno ben preciso, un’idea molto chiara. Nonché la consapevolezza di una probabile impunità.
C’è uno slogan della sinistra extraparlamentare di quegli anni che, a rileggerlo oggi, fa venire i brividi: “Hazet 36. Fascista dove sei?” La Hazet 36 è una chiave inglese. È lunga quarantacinque centimetri. Pesa quasi tre chili e mezzo. Un colpo inferto con quella è letale come il proiettile sparato da una pistola. Ma la Hazet è molto più facile da trovare. Basta andare in un ferramenta. Avanguardia Operaia usa le chiavi inglesi come strumento per il servizio d’ordine durante le manifestazioni. Ma vanno benissimo anche per frantumare il cranio ad un ragazzino di 19 anni che torna da scuola.
Quando Sergio parcheggia il suo “Ciao” sotto casa, lo aggrediscono in quattro. Uno resta a fare il palo. Lo colpiscono a ripetizione. Con una violenza inaudita. Senza pietà, come belve feroci e assetate di vendetta. È il loro battesimo del sangue.
L’azione dura pochi minuti. Sergio rimane a terra, in un lago di sangue. È ancora vivo. Per altri quarantasette giorni combatterà con la morte, in un letto dell’ospedale Maggiore di Milano. Poi, dopo un’agonia senza paragoni, anche il suo cuore si arrende.
Il giorno precedente, il 28 aprile, un gruppo di compagni si presenta sotto casa Ramelli, invitando Luigi, fratello di Sergio, a lasciare Milano altrimenti rischierebbe di fare la sua stessa fine.
L’Istituto Tecnico Molinari, appresa la notizia, si riunisce in assemblea straordinaria e “festeggia” l’evento, il consiglio comunale meneghino invece, saputo della morte del giovane, saluta con un applauso… e non può non essere ricordato come agli amici di Sergio è proibito andarlo a trovare in ospedale, mentre per i genitori il dolore è acuito dai parecchi rifiuti dei sacerdoti nel concedere una parrocchia per il rito funebre (il padre di Sergio, devastato dal dolore, muore dopo 4 anni di crepacuore) e le istituzioni, il giorno delle esequie, non hanno di meglio da fare che denunciare quattro persone per apologia del fascismo (salutano romanamente il feretro).
Gli esecutori materiali vengono individuati, ma sapendo di essere tutelati, vanno incontro ad un processo farsa (ricordiamo che il commando di Avanguardia Operaia è composto da studenti prossimi alla laurea in medicina) ebbene sono condannati per omicidio preterintenzionale e non volontario: dovrebbero sapere abbastanza bene che una chiave inglese del peso di più di 3 kg sferrata al cranio di un diciannovenne non procura delle semplici escoriazioni..
Fra loro, Antonio Belpiede, a distanza di anni (viene condannato a 13 anni in Primo Grado per questo delitto, ridotti a 7 in Appello e confermati in Cassazione, ne sconta solo 2) diventa primario di ostetricia e ginecologia, nonostante i precedenti, e dichiara: “Io vado avanti a testa alta. Non ho partecipato a quell’azione, non ho ucciso nessuno, sono innocente, ho subito una condanna vergognosa. Certo, ero membro del Servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, ma non so nulla dell’omicidio Ramelli”. Claudio Scazza, invece, è primario presso il Dipartimento di Salute Mentale – Psichiatria 3 presso il Niguarda di Milano, ovviamente nel suo curriculum non vi è alcun riferimento alla condanna per l’omicidio Ramelli.”
dal WEB
…e la f_____ del consiglio comunale milanese che applaudì alla notizia della sua morte. Gli escrementi hanno maggior dignità.