lunedì, Settembre 9, 2024
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Quella manciata di voti che allontana il PD da Gianguido D’Alberto

L’effetto “Sliding Doors” ha colpito ancora e lo ha fatto a Teramo. La nota espressione inglese viene utilizzata per descrivere un accadimento imprevedibile che può cambiare la vita di qualcuno. 

E la ruota del destino ha fermato la sua freccia sul nome di Giulio Cesare Sottanelli, condannando Stefania Di Padova a restare nell’anonimato di provincia. 

È noto che le elezioni politiche del 25 settembre 2022, per altri versi scontate nei risultati, siano state un thriller per quanto concerne l’assegnazione del 13mo seggio abruzzese, vinto definitivamente dal rosetano Sottanelli, unico fra i 13 parlamentari corregionali a poter rappresentare il territorio aprutino. 

Già il fatto che un solo tredicesimo della pattuglia parlamentare abruzzese porti a Roma la bandiera teramana è la palmare dimostrazione di quanto sia oramai divenuta insignificante la nostra provincia a livello politico. 

Ma l’oggetto del presente articolo è il Partito Democratico e il Sindaco di Teramo. 

Per uno scherzo del destino, che in qualche notizia di stampa si è inteso quantificare in sole 195 preferenze, l’ultimo seggio disponibile è stato assegnato al neodeputato del partito di Azione-Italia Viva (Sottanelli) e non già alla candidata del partito Democratico (Di Padova). 

Alla luce di quanto accaduto, nel PD è iniziata la riflessione su cosa si è fatto e cosa si sarebbe potuto fare. 

Non è sfuggito a nessuno che il Sindaco di Teramo, civico di sinistra ed ex militante nonché ex consigliere comunale del PD, non abbia fatto nessun tipo di campagna elettorale in favore della sua Assessora Di Padova. 

Perché non lo ha fatto? Probabilmente perché Stefania era una candidatura voluta e ottenuta dalla corrente di Luciano D’Alfonso, avversaria interna della corrente guidata da Giovanni Legnini, alla quale ultima D’Alberto è affiliato. Quindi se fosse stata eletta la Di Padova, a Teramo si sarebbe rafforzata la corrente piddina avversa al Sindaco e si sarebbe oggettivamente indebolita la corrente della quale il primo cittadino fa parte. 

Ma c’è un però. La circostanza inconfutabile dell’aver remato contro (o comunque di aver omesso di remare a favore) da parte di Gianguido D’Alberto, ha di fatto determinato il venir meno di quella manciata di voti che sarebbe stata sufficiente ad eleggere una parlamentare del PD che avrebbe avuto la rappresentanza dell’intera provincia, allargando enormemente l’influenza che il Partito Democratico avrebbe potuto esercitare nei prossimi 5 anni. 

E questo è un danno oggettivo che un Sindaco di sinistra ha arrecato all’intera coalizione che lo sostiene, compreso l’unico partito che lo appoggia, il quale è stato azzoppato proprio dal fuoco amico. 

La saggezza popolare suggerisce che “del senno di poi son piene le fosse”, però è davvero miope e triste un Sindaco che non sostenga alle elezioni l’unica candidata che avrebbe potuto sedere in Parlamento a maggior gloria della propria coalizione. 

Da donna, esprimo le mie più sentite condoglianze a Stefania Di Padova la quale, se è vero che probabilmente è l’Assessore comunale che si è meno impegnata in questi 4 anni e mezzo, è altrettanto vero che avrebbe avuto diritto all’appoggio incondizionato sia del Sindaco che degli altri 8 colleghi di Giunta, nonché dei 21 consiglieri comunali di maggioranza. 

Se questo non è avvenuto, come chiaramente non è avvenuto, non si può fingere che sia tutto a posto. 

E infatti, dalle parti del PD, trapelano voci che sussurrano come la Di Padova stessa potrebbe essere la candidata della sinistra a Sindaco di Teramo per le elezioni comunali del 2023, facendo tramontare la ricandidatura del primo cittadino uscente. 

Staremo a vedere se la frattura interna si sanerà oppure sarà destinata ad allargarsi, ma di certo oggi è possibile dire con palmare sicurezza che la maggioranza comunale è sfilacciata, sfibrata, delusa, non coesa, percorsa da idiosincrasie e gelosie che genereranno faide e vendette. 

Inoltre questo caos a sinistra fa il paio con l’inefficienza e i mancati risultati che i cittadini si attendevano quando hanno premiato l’arrivo di D’Alberto nel 2018. 

Del resto è noto a tutti che il neodeputato Luciano D’Alfonso, plenipotenziario del PD abruzzese, sia in rotta da anni con il Sindaco di Teramo (per il quale ha coniato il soprannome “gassosa”, ad evidenziarne lo scarso pragmatismo e la volatilità dell’azione), del quale non condivide nulla né a livello comportamentale e né a livello operativo. 

L’odio cova sotto la cenere, il fuoco amico è ulteriormente ipotizzabile, l’incapacità di tenere unita la maggioranza comunale è innegabile, le difficoltà che riserva il futuro sono tante. 

E mentre la sinistra gioca a dividersi e continua a scomporre l’atomo dei pochissimi voti che ha sempre avuto a Teramo (ricordiamo che D’Alberto vinse pur avendo raccolto un miserrimo 21% di voti totali nel 2018, record minimo della sinistra nella propria storia cittadina), i negozi continuano ad abbassare le saracinesche per sempre e i residenti continuano a spostare la propria residenza sulla costa. 

Ipàzia

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2 COMMENTS

  1. Se Gianguido non fa parte del PD dal 2017, come può fare parte di una sua corrente ?
    Articolo fazioso e tendenzioso privo di fondamenti . Il PD se voleva eleggere la Di Padova la doveva posizionare a capolista, oppure doveva avere la forza di prendere più voti in tutto il collegio non solo a Teramo Città , dove comunque ha registrato un consenso superiore di quasi due punti in rapporto a quello regionale .

  2. Se Gianguido non fa parte del PD dal 2017, come può fare parte di una sua corrente ?
    Articolo fazioso e tendenzioso privo di fondamenti . Il PD se voleva eleggere la Di Padova la doveva posizionare a capolista, oppure doveva avere la forza di prendere più voti in tutto il collegio non solo a Teramo Città , dove comunque ha registrato un consenso superiore di quasi due punti in rapporto a quello regionale . Topitti

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