Secondo Martin Heidegger a far paura non è essenzialmente l’irruzione della tecnica, quanto l’inadeguatezza umana davanti a questa irruzione. La sterilità dell’antagonismo prima ancora che dai numeri impietosi dei risultati elettorali, si spiega con l’evidenza per cui tutta la costruzione del dissenso avviene dai mezzi della comunicazione prodotti dallo stesso sistema: l’accesso alla conoscenza si forma attraverso gli stessi apparati dai quali dissentire, con l’illusione di essere diventati acuti osservatori, capaci di aver decifrato un codice segreto nemico, segni e indizi sparsi di un complotto perennemente operante.
L’ irruzione della tecnica nella quarta rivoluzione industriale impone però una riflessione su quale sia l’ approccio più idoneo per non esserne devastati.
Come avevo già evidenziato su https://www.kulturaeuropa.eu/2022/12/31/cronache-delle-sfide-presenti/
gli antichi greci avevano due termini per descrivere il tempo umano, kronos e kairos:il primo vede scorrere la vita divorando tutto nel fluire meccanico degli anni, il secondo invece rappresenta la ricerca e l’individuazione del momento propizio, dell’azione viva sulla storia e dell’attimo decisivo, quello della decisione e della risoluzione. Il primo è quantità che sempre si accumula ma svanendo, il secondo è qualità che plasma noi stessi e il mondo.
Forse, come si è chiesto Salvatore Santangelo su Twitter, il problema fondamentale del nostro Paese, da cui derivano tutti gli altri, è che l’Italia e gli italiani non sanno rispondere a questa domanda: qual è il nostro posto nella Storia?
Davanti a questo scenario ho voluto invitare uno studioso cattolico a dire la sua, il professor Corrado Gnerre:
Pietro Ferrari