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Terremoto dell’Aquila, le vittime hanno avuto una condotta incauta, dovevano scappare: il tribunale taglia il risarcimento

Il verdetto choc del tribunale civile dell’Aquila. Nella sentenza si parla di «concorso di colpa» e di «condotta incauta» da parte di chi è rimasto a dormire

Sono morti sotto il peso delle macerie delle loro case, crollate per una scossa di terremoto 6.3 della scala Richter che ha distrutto l’intera città. E che ancora oggi ne porta, visibili, le cicatrici. Eppure, seconda la sentenza del tribunale civile dell’Aquila (come riportato oggi dal Messaggero) in fondo è un po’ anche colpa loro. Perché? Perché non scapparono nella notte del 6 aprile del 2009. Perché non lasciarono le loro abitazioni, anziché attendere altrove il terremoto che ne ha cancellato l’esistenza. Dopo uno sciame sismico che nel capoluogo abruzzese durava ormai da mesi.

Una sentenza che lascia l’amaro in bocca ai parenti delle vittime del terremoto che ha distrutto la città ormai 13 anni fa. Quanto meno a quelli delle 24 persone (i morti furono 309 in totale) che hanno perso la vita nel palazzo della Villa comunale, nel centro cittadino. Eppure gli aquilani, preoccupati per i continui tremori della terra, seguirono solo i consigli e le raccomandazioni della commissione grandi rischi(i sette componenti sono stati condannati a sei anni in primo grado, ma assolti in appello) e della protezione civile: «Lo sciame sismico? – aveva minimizzato Bernardo De Bernardinis, all’epoca vice capo della Protezione civile -. Beviamoci su un bel bicchiere di Montepulciano».

Nella sentenza, che ha colpito i sopravvissuti come fosse un pugno ben assestato nello stomaco, si legge: «È fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime – le parole del giudice Monica Croci -, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che può stimarsi nel 30 per cento».

Si tratterebbe quindi di un comportamento scorretto e poco prudente, quindi, da parte dei 24 morti. I cui familiari, dopo aver fatto effettuare tutte le perizie del caso e aver riscontrato «gravi negligenze» , avevano portato in giudizio i ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasporti , la Prefettura, il Genio civile e il Comune dell’Aquila.

Fonte corriere

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