HomeCittàIl cieco che suonava la fisarmonica

Il cieco che suonava la fisarmonica

La prima volta che vidi Umberto fu nella primavera del 64, quando mi passò davanti casa con in mano un bastone con il quale ogni tanto tastava il terreno in avanti mentre camminava, a quel tempo avevo 12 anni e da poco eravamo andati ad abitare a Piane S.Atto, in quella casa lungo la Statale 80 poco prima del fosso Mazzoni che fa da confine tra il comune di Teramo e quello di Bellante, dove da anni sotto le feste natalizie vendono petardi.
La figura di Umberto mi colpì, uomo robusto, non molto alto, ma con spalle quadrate, braccia robuste, grembo obeso proteso in avanti come una grossa palla, testa grande con un bel faccione con sopra folti capelli bianchi pettinati all’indietro. La cosa che più mi impressionò fu che al posto degli occhi aveva due grandi macchie bianche, in parole povere era cieco.
Lo era diventato all’età di otto anni a seguito di una infiammazione di una foglia di fico che gli aveva colpito un occhio, che non curato gli infettò anche l’altro e nel giro di pochi mesi perse del tutto la vista e non poté più vedere i colori per il resto della sua vita.


Umberto abitava al centro di Villa Rasicci un nucleo di case a poche centinaia di metri di distanza dalla mia abitazione, era sposato con la signora Giannina ed aveva un figlio di nome Carino che faceva l’apprendista carrozziere, quando mi passava davanti casa era perché si recava presso la fattoria del fratello Nduccio mezzadro nei terreni dove successivamente sorse il nucleo industriale di Teramo bivio di contrada Saccoccia, poco oltre la ferrovia, dove oggi ha sede il magazzino della Lisciani Giochi.
Per andare a casa del fratello Umberto doveva percorrere circa 1 km di strada con varie svolte a sinistra che puntualmente faceva con naturalezza al pari di una persona vedente.
Durante l’estate di quell’anno diventai amico di Umberto perché entrambi frequentavamo al pari di tanti altri la Cantina Spaccio di Filomena, lui si sedeva all’esterno sotto al porticato con appresso una radio transistor dove ascoltava i giornali radio e le cronache delle corse ciclistiche, dalle classiche, come la Milano Sanremo, Parigi Roubaix ……ecc. a tutte le tappe del giro d’Italia e del giro di Francia fino ai mondiali che di prassi si disputavano in settembre, era l’epoca di Adorni , Motta, Balmamion, Gimondi, Tacconi, Bitossi Dancelli, Anquetil, Poulidor, Altig, Jimenez, poi nel 67 arrivò Merckx. A sera si scendeva sotto lo scantinato della cantina tabacchi a vedere la televisione ed io spesso descrivevo a Umberto le scene senza dialoghi dei film, teleromanzi o telefilm che venivano trasmessi, cosa che successivamente continuò per anni anche quando avemmo la possibilità di avere la televisione nelle nostre case.

Nel gennaio del 65 ci trasferimmo ad abitare al centro di Villa Rasicci a circa 50 metri di distanza dalla casa di Umberto . Durante il mio tempo libero dalla scuola e dai lavoretti di casa passavo molto tempo insieme a Umberto, spesso lo accompagnavo quando doveva andare a Bellante Stazione, perché mentre per andare a casa del fratello poteva farlo da solo con la tecnica del contapassi, per andare in altri luoghi aveva bisogno di un accompagnatore. Fu così che diventammo amici anche intimi, io confidavo a lui i miei innamoramenti da adolescente e lui mi narrava delle sue avventure giovanili amorose che ad essere sincero pensavo fossero frutto della sua fantasia, ma riflettendoci bene da adulto siccome questi racconti erano caratterizzati con dovizia di particolari debbo ammettere che un fondo di verità li avevano. Umberto leggeva con il metodo Braille, era abbonato a periodici per ciechi che puntualmente mensilmente gli arrivavano, sempre informato su tutti i problemi di attualità, politicamente un conservatore democristiano. Era anche un bravo giocatore di carte, con se ne portava sempre un mazzo contrassegnate agli angoli dai caratteri a puntini della scrittura Brailla, inoltre era anche un buon suonatore di fisarmonica, era lui che suonava nelle feste da ballo rurali al tempo denominati festini.
‌Nella mia mente ho ancora le sue serie di tango Argentino, valzer, come il Carnevale di Venezia, La Migliavacca, mazurke, marcette, il saltarello, il pezzo da me preferito era Pietro Ritorna con un irrefrenabile roboante ritornello di note e bassi.

Quando si andava a festini fuori zona e c’era Umberto a suonare, ci si metteva d’accordo con lui di allungare la suonata ad una sua toccata di piede, per segnalargli che uno del gruppo stava ballando con una ragazza di gradimento con fini di corteggiamento, Umberto allungava nei limiti del possibile perché se esagerava veniva sgamato. I giri di ballo duravano il tempo di una suonata e ad ogni giro bisognava cambiare ragazza, non si poteva scegliere sempre la stessa, perché le mamme vigilavano e poi le donne erano sempre meno degli uomini ai festini, questo con una bagarre nella scelta della dama con cui ballare perché uomini e donne nel salone dove si ballava erano posizionati su fronti opposti.

Antonio Topitti

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