È iniziato l’anno scolastico in Abruzzo e anche a Teramo. Il Commissario per la Ricostruzione Giovanni Legnini ha giustamente sottolineato come “Disporre di scuole di ogni grado sicure, efficienti, sostenibili e connesse è il primo dei doveri delle Istituzioni. Anche per questo è stato per me motivo di grande soddisfazione prendere parte all’inaugurazione di quattro scuole ricostruite in Abruzzo dopo i terremoti del 2016-2017, a Civitella del Tronto, a Castilenti, a Castiglione Messer Raimondo e a Civitella Casanova”.
Le inaugurazioni di scuole finalmente antisismiche si susseguono in Abruzzo e soprattutto in provincia di Teramo, infatti sono ben 450 gli edifici e i poli scolastici di ogni ordine e grado finanziati con le risorse messe a disposizione dal Governo per la ricostruzione post-terremoto, per un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro, grazie ai quali il nostro territorio potrà disporre di scuole finalmente sicure ed adeguate ai diritti e alle aspettative delle giovani generazioni e delle loro famiglie.
Ma il Comune di Teramo dov’è? A che punto si trova? Quale grado e fattore di sicurezza è riuscito ad aumentare rispetto al tragico scenario di un patrimonio comunale di ben 33 scuole strutturalmente insicure?
Teramo, nessuno si senta offeso, è ferma al palo. In 4 anni e mezzo di gestione amministrativa l’attuale maggioranza non è riuscita a smuovere né mattoni né calcestruzzo (se si eccettua il trascurabile lavoro nella scuola dell’infanzia della Frazione di Villa Ripa, laddove – ad andare molto bene – dovrebbero trovare posto un massimo di 15 alunni dell’ex asilo).
Parliamo di lavori complessivi per circa 350mila euro, cioè lo zero virgola degli oltre 100 milioni di euro che il Comune ha già nelle casse da oltre 4 anni per riqualificare il proprio patrimonio immobiliare.
Sembrano lontanissimi, direi preistorici, i tempi del 2017 e 2018 quando il combattivo Comitato dei Genitori per la Sicurezza nelle Scuole di Teramo – “Gruppo nato per il coordinamento dei genitori delle scuole di Teramo per ottenere le norme di sicurezza negli edifici che ospitano i nostri bimbi” – urlava a gran voce contro gli amministratori affinché si riuscisse a realizzare il sacrosanto diritto alla sicurezza dei propri figli.
Allora c’erano tutti gli esponenti dell’attuale maggioranza ad inveire contro chi governava, oggi nessuno di loro osa aprire bocca. Eppure nessun miglioramento della sicurezza è stato ottenuto. E la Consiliatura comunale è giunta agli sgoccioli. I politicanti ci hanno intontito con le solite chiacchiere, ma le gru non si sono alzate e i nostri figli continuano ad andare a scuola dentro edifici sempre insicuri sismicamente. Un fallimento del quale occorrerà rendere conto alla cittadinanza.
Il primo cittadino Gianguido D’Alberto, si è fatto apprezzare con una lettera di augurio ai discenti per l’avvio dell’anno scolastico, nella quale afferma che “la scuola, insieme alla famiglia, è il luogo dove imparare a pretendere e difendere quel diritto alla felicità che è scolpito nella nostra Costituzione: garantire quel diritto, per noi rappresentanti delle Istituzioni, è un dovere…”.
Il primo dovere dei governanti sarebbe quello di studiare e di non rappresentare un pessimo esempio proprio per gli scolari. E il pessimo esempio lo si dà se si enuncia l’esistenza – nella nostra Carta costituzionale – di un fantomatico “diritto alla felicità” che non esiste né esplicitamente e né implicitamente nell’Ordinamento giuridico italiano.
Evidentemente non basta essere Sindaco, o addirittura essere laureato in Giurisprudenza, per dire cose sensate e veritiere sui diritti e doveri della nostra convivenza civile.
Così come non basta avere 100 milioni in cassa per fare gli appalti e riqualificare le scuole cittadine, ma occorre saper guidare la macchina burocratica e non già dedicarsi ai selfie, alle conferenze stampa, ai comunicati diuturni e ripetitivi con i quali si annuncia all’infinito ciò che mai trova corrispondenza nella realtà fattuale.
Da madre di alunni frequentanti le scuole teramane, posso legittimamente chiedere che gli attuali amministratori comunali sappiano trovare la strada della vergogna, chiedere scusa e farsi da parte, lasciando a chiunque altro la responsabilità di accelerare sulla strada della sicurezza assoluta delle scuole pubbliche.
Nella speranza che qualsiasi ulteriore evento nefasto (e purtroppo ne abbiamo visti troppi) non sopraggiunga a farci imprecare contro la solita burocrazia cieca e sorda, mentre gli amministratori fanno a gara ad autoassolversi dinanzi alle telecamere.
Ipazia