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Per una sanità migliore non occorre un nuovo contenitore, ma un nuovo contenuto 

Vecchio ospedale Mazzini

La signora Pina, nome di fantasia, ha un tumore alla pelle. Localizzato sul naso, ma per l’esattezza molto vicino all’occhio. Una specie di terra di nessuno motivo per il quale la signora comincerà il suo viaggio, un incubo, tra i meandri della sanità. La signora Pina si consiglia col medico di famiglia. Che la indirizza senza pensarci due volte verso il consulto di un dermatologo. Siamo ai primi di settembre. Il dermatologo, in ambulatorio privato, la visita ma si dichiara incompetente. Ci vuole un oculista. Il tumore è troppo vicino all’occhio e potrebbero sorgere problemi alla vista. 

La signora Pina va dall’oculista. La sua fortuna è una prenotazione precedente fatta per altre patologie e se la sbriga abbastanza in fretta pagando solo il ticket. Ma il verdetto ancora una volta non è il migliore. Non è roba da oculista. Il tumore è vicino all’occhio ma posizionato sul naso. Ci vuole un dermatologo, le consiglia l’oculista. Un dermatologo l’ha già visitata -eccepisce la signora – ma il medico insiste. La signora Pina non si perde d’animo. Prenota un altro dermatologo, attraverso il CUP, ma il tempo d’attesa è lungo, troppo lungo. Il primo “buco” libero – le dicono – è a dicembre 2022, nonostante che per queste patologie sia richiesto un termine massimo di dieci, quindici giorni.. Troppo in là, e allora non rimane che una visita specialistica privata. In intramenia. 

La signora Pina ha 85 anni, fa una vita tranquilla, abbina pranzo e cena ma non si può certo dire che sia ricca o benestante. Vive della reversibilità del marito operaio e della sua pensione di vecchiaia. Prenota la sua visita in intramenia e dopo quattro giorni si trova al cospetto del nuovo dermatologo. Il consulto è rapido. Il medico la guarda e le dice che non è roba sua. Il problema è sul naso, ergo, ci vuole un otorino
La signora Pina è presa dallo sconforto, capisce che è appena all’inizio, paradossalmente prima dell’inizio. Partono, tuttavia, altri soldi, 102 euro.

L’otorino la visiterà il 6 novembre prossimo, e saranno già trascorsi due mesi e mezzo dalla prima diagnosi e per la rimozione del tumore c’è ancora tanto tempo davanti. Sempre se anche l’otorino non si riterrà incompetente. E allora il girone dantesco ricomincerà dall’inizio.

Anche la signora Maria ha i suoi problemi, come tanti altri, d’altronde. Anche lei ha un tumore alla pelle. Non grave ma insidioso se non curato in tempo. Ma per l’intervento passerà un anno, ottobre 2023. E’ la media di attesa nella sanità pubblica prima che un bisturi possa occuparsi di te. Dall’ospedale arriva un consiglio dal tenore di una “soffiata”.”Signora – le dice qualcuno- vada all’Aquila, là fanno prima”. L’alternativa tuttavia c’è. Un intervento in ambulatorio privato, dal costo che varia dalle 200 alle 400 euro.
La signora Maria pagherà.

Non ci vuole un nuovo ospedale. Ci vuole un’altra sanità. Costerebbe meno. Molto meno.

Enrico Squartini

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