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Siamo “Totti” cafoni

“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito”. 

(Ignazio Silone – Fontamara)

È passato quasi un secolo dalla folgorante pubblicazione del romanzo “Fontamara”, ma gli Italiani sono sempre rimasti cafoni. Non solo i contadini analfabeti a cui si riferiva il termine in origine, ma proprio tutti, anzi proprio “Totti”. 

Il passaggio semantico del termine “cafone” dal significato di “contadino” a quello di “zotico” e “maleducato” risale almeno al 1700, ed è notoriamente sinonimo di bifolco, burino, pacchiano, villano. 

Purtroppo, nemmeno l’avvento dell’era tecnologica è riuscita ad emanciparci e a “scafonizzare”, a dirozzare e incivilire il popolo italiano. 

La vicenda familiare di Francesco Totti è al tempo stesso un emblema e un esempio delle miserie umane dell’italiano medio. 

Più della metà dei matrimoni falliscono, dunque non dovrebbe esserci niente di più normale della separazione fra Totti e la moglie, eppure un uomo che ha ricevuto il dono della genialità nei propri piedi, è riuscito a toccare il fondo buio dell’abiezione dalle pagine del Corriere della Sera. 

Un calciatore che ha guadagnato oltre duecento milioni di euro in carriera, è stato capace di accusare la propria moglie (e soprattutto madre dei suoi tre figli) di avergli svuotato le cassette di sicurezza, rubandogli la preziosa collezione di orologi (“Non ha lasciato neanche le garanzie, neanche le scatole. Ci sono alcuni Rolex di grande valore”). 

Non pago di una così plateale laidezza, Totti si è spinto fino a dichiarare di aver reagito nascondendo alcune borse firmate della moglie, “sperando in uno scambio”. 

La cosa più vergognosa di tutte è che sono gli avvocati matrimonialisti a suggerire certe intemerate sugli organi di stampa, al fine di ottenere dal giudice la colpevolezza dell’altro coniuge e il massimo utile economico in sede di causa di divorzio. 

Dichiararsi pubblicamente cornuti su tutti i media, additando la moglie fedifraga, è esattamente il contrario di come dovrebbe comportarsi una persona civile, al di là delle colpe vere e presunte e dei doveri coniugali disattesi. 

Ma la natura ha dato troppo a Totti nei piedi e troppo poco nel cervello, così come capita a tutti gli italiani, prede della foga di socializzare qualsiasi loro avvenimento privato, qualsiasi lembo di pelle adornato di un nuovo tatuaggio, qualsiasi pseudo-manicaretto che stanno per deglutire. 

E se un grande “chissenefrega” deve sommergere le corna ostentate dai cosiddetti VIP, se la cafonaggine dilaga fino al dare pubblicamente della ladra di minutaglie alla madre (a sua volta milionaria) dei propri figli, quello che fa più specie è l’incapacità di vedere quanta sofferenza psicologica si infligge proprio ai figli, pur di dare della “puttana” a chi potrebbe dare del “puttaniere”, pur di assegnare lo scudetto da traditrice prima di ricevere lo scudetto da traditore, pur di recuperare qualche decina di migliaia di euro del valore venale degli orologi presuntivamente sottratti ad un patrimonio di centinaia di milioni di euro. 

Non è l’orgoglio ferito, non è l’amarezza di un matrimonio finito, è la meschineria di un meschino, la miseria umana di un misero, la grettezza di un gretto, la cafonaggine di un cafone che parla al cafone che alberga dentro ciascuna e ciascuno di noi. 

Tutto questo avviene nei giorni in cui ricomincia l’anno scolastico, perciò è d’uopo rammentare ciò che ebbe a dire Nelson Mandela: “L’istruzione è l’arma più potente che abbiamo per cambiare il mondo”. Proprio l’istruzione è l’antidoto alla cafonaggine ed è il viatico più importante per un mondo migliore, più civile, più educato e di conseguenza più felice. 

Ipazia

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